17 dicembre 2007

Dieci anni fa nasceva il termine weblog.

STATI UNITI – Jorn Barger, programmatore americano, era solito tenere traccia della propria navigazione in rete raccogliendo i link significativi in una sorta di diario personale. Un bel giorno Barger ha battezzato la sua raccolta con il termine «weblog»: era il 17 dicembre del 1997. Pochi mesi prima il signor Dave Winer, padre dei feed Rss e del podcasting, aveva inventato il software che permette la pubblicazione di questa tipologia di resoconti online. Bisognerà aspettare poi altri due anni per arrivare alla versione tronca della parola weblog, trasformata da Peter Marholz in «blog». Web come rete e log come registrazione, dunque, per questo neologismo che altro non fa che incorniciare un concetto già esistente.

COME ERAVAMO – «Erano anni bellissimi», ha dichiarato Jorn Barger con evidente nostalgia, alludendo a tempi in cui i diari su internet erano veramente un fenomeno per pochi, ma al tempo stesso circoscrivevano un mondo di appassionati e forse un po' più autentico e meno modaiolo. E con dolce malinconia, ricordando quel giorno di dieci anni fa, Barger pubblica su Wired una guida sulle cose da fare e da evitare se si vuole animare un blog.

DIECI CONSIGLI – Nel decalogo dei suggerimenti Barger specifica l'importanza di una buona dose di umiltà: se ci sono più post che link nel proprio weblog è il segno di un comportamento auto referente. È essenziale avvertire i lettori della presenza di gotchas, che nel linguaggio tech identificano documenti con formattazioni non standard, e aggiornare spesso i link segnalati, anche per i nuovi arrivati. Utile è poi scegliere i personaggi più rappresentativi e monitorarne l'operato online attraverso Google News Feed. Ora i weblog presenti online sono tra i 10 milioni e i 35 milioni solo negli Stati Uniti e forse, come direbbe Jorn Barger, stanno pagando il prezzo della notorietà: un tempo era inevitabilmente un mondo più puro.

Emanuela Di Pasqua - corriere.it