25 maggio 2009

Web2.0 e Webmarketing: come cambia il lavoro delle agenzie di pubblicità.



Dal sito: blogs4biz.libero.it


Con l’avvento del web2.0 “il nostro lavoro è sicuramente cambiato e, sino ad ora, è cambiato in peggio”. A parlare è Fiorella Pini, direttore generale dell’advertising agency internazionale Dentsu. L’occasione è il panel che ho avuto il piacere di moderare lo scorso 12 maggio all’Omnicom 2009 e al quale partecipavano come ospiti anche Carlo Marchini (responsabile Google Enterprise), Marco Stancati (Docente di Comunicazione interna e di Pianificazione dei Media, Università La Sapienza), Stefano Epifani (Professore di Organizzazione e Gestione della Comunicazione Interattiva Università La Sapienza) e Marco Camisani Calzolari (Esperto di Marketing e comunicazione digitale).
“Prima operare era molto più semplice perché si andava dalle aziende con un ventaglio di proposte chiaro, definito e codificato”. Oggi invece assistiamo al rapido affermarsi di nuovi strumenti di comunicazione per i quali mancano ancora precisi paradigmi di applicazione (e di misurazione dei risultati) da sottoporre al cliente. Cliente che la Pini inquadra in due principali tipologie: la prima ignora quali siano e come funzionino i nuovi strumenti e quindi necessita formazione da zero prima ancora di poter passare a qualsiasi proposta operativa; la seconda è invece quella che di web2.0 ha almeno sentito parlare ma “pur essendo genuinamente attratta da nuovi modi di raggiungere il proprio target, non ha ancora chiaro cosa significhi realmente averci a che fare”.
Quello che più mi ha colpito dell’intervento di Fiorella Pini è che, diversamente da molti suoi colleghi, non respinge bollando come moda la rivoluzione in atto. Piuttosto individua con lucidità uno dei principali problemi: il cambiamento in corso non sarà gestibile finché l’innovazione non riuscirà a permeare il sistema, dando così agli operatori di settore la possibilità di “creare nuovi codici di comunicazione”. Perché questo possa accadere, bisognerà aspettare anche che i cosiddetti digital natives entrino a lavorare nelle aziende, portando in dote la loro capacità di usare in modo istintivo e sistematico le nuove tecnologie. Fino ad allora, l’adozione in azienda di progetti di nuova comunicazione sarà ancora demandate “all’iniziativa di singoli personaggi illuminati e dotati di potere decisionale” che però agiscono in un contesto mediamente refrattario, mentre il ruolo dell’advertising agency rimarrà sospeso fra incudine e martello.
Insomma, oggi più che mai - ci ricorda il direttore generale di Dentsu - la differenza nelle aziende la fanno le persone e non le tecnologie. A conferma di ciò basti ricordare che le iniziative di comunicazione e marketing 2.0 di maggior successo (se si escludono i soliti Google, Facebook, ecc.), vengono da aziende che tecnologiche non sono come Adidas, Nike, Fiat, Coca Cola.
Un intervento critico e lontano dai consueti toni celebratori con cui si parla di web2.0 in ambito business che proprio perciò risulta prezioso, poiché sottolinea e conferma come la rivoluzione nei rapporti tra azienda e consumatori sia tutt’ora in corso ed anzi nel pieno del suo svolgimento.

22 maggio 2009

Papebook.



Interessante pezzo di Gianluca Nicoletti oggi sulla Stampa a commento della decisione di Papa Ratzinger di approdare su Facebook.

18 maggio 2009

Il cimitero del Web 2.



Con le crocette i Social Network che sono falliti negli ultimi mesi.

Fonte: meish.org

13 maggio 2009

La nuova campagna Ferrarelle: liscia, gassata o bella?



Direi bella.

Anche perchè dietro c'è lo zampino del mio amico Daniele Ravenna, copy della campagna firmata Euro RSCG.

E' online il nuovo sito dell'ADCI.

Decisamente meglio di prima.
Più Web 2.O, per intenderci.

La Rivista che Vorrei incontra Pasquale Barbella.



La Rivista che Vorrei incontra Pasquale Barbella. Un'occasione imperdibile.

6 maggio 2009

La dura vita del blogger.

Ecco la lista dei dieci Stati peggiori per chi volesse aprire un blog.

I web-commercianti scoprono la pubblicità su Facebook e Twitter.

Prima o poi doveva accadere.

4 maggio 2009

Già passata la Twittermania?



Twitter non convice 6 utenti su 10.
Uno studio di Nielsen Online dimostra come gli utenti siano molto più fedeli a Facebook e MySpace.


di Luca Figini

Tutti pazzi per i social network... o quasi. Questo genere di community stanno spopolando e tutti provano a cimentarsi nella creazione del loro profilo. Ma dopo un mese di appassionante (o quasi) socializzazione virtuale, quanti rimangono fedeli alla comunità prescelta? Ci ha pensato Nielsen Online a misurare il tasso di abbandono dopo quattro settimane.

E stupisce il risultato: il 60% degli iscritti a Twitter smettono di utilizzarlo dopo un mese circa dall'iscrizione. Una debacle se confrontata a Facebook e MySpace. Solo 4 utenti su 10 se ne vanno alla quarta settimana di utilizzo. Eppure non mancano gli stimoli a collegarsi a Twitter: recentemente, alcuni personaggi televisivi statunitensi hanno invitato gli americani a raggiungerli su questo social network. Prima di questo appello, Twitter tratteneva solo il 30 per cento degli utenti iscritti il mese precedente. Probabilmente è proprio il metodo di interazione offerto da questo sito a non soddisfare appieno; oppure in Facebook e MySpace convince la logica "voyeristica".

Difficile stabilire le ragioni, fatto sta che in quattro settimane la voglia di utilizzare Twitter decresce in modo costante. Almeno stando agli studi eseguiti da Nielsen Online. Nonostante il successo di Facebook e MySpace, a Twitter va dato il merito di avere "contaminato" in qualche modo questi altri due social network con alcune funzioni e metodi di organizzazione dei commenti. A questo punto va capito come si dipanerà la situazione.

Secondo alcuni analisti, Twitter è stata una meteora: deve evolversi altrimenti è destinato a cedere il passo nei confronti delle alternative più agguerrite. Però anche Facebook è considerata una moda momentanea, nonostante gli impressionanti risultati in fatto di numero di utenti registrati (in aumento costante) e di fedeltà. MySpace sarebbe il futuro del social networking: e se lo dice il suo amministratore delegato, forse vale la pena di dubitarne un po'.

Tutta questa vicenda lascia spazio a una sola considerazione. Questi siti, che apparentemente sono uno svago per molti utenti, sono in realtà in competizione tra loro per conquistare sempre maggiore audience. Il motivo? Sempre e solo uno: migliorare i conti economici mediante la pubblicità. Dunque, via alla sui numeri.

cellulare-magazine.it